mercoledì 19 marzo 2008

La dieta H

Ormai mi conosco.
Amo pianificare, fare schemi (meglio se usando excell), dividere in fasi tutto quello che faccio.
Probabilmente questo serve a darmi sicurezze: un traguardo parziale è sicuramente più facile da raggiungere di uno posto al di là della linea dell’orizzonte.
Con me il sistema ha sempre funzionato: passo dopo passo, raggiungo i miei obiettivi. E se è vero che le mie sono solo piccole vittorie, è anche vero che (di conseguenza) gli eventuali fallimenti sono altrettanto piccoli e parziali.

Faccio un esempio pratico.
A febbraio, ho deciso di mettermi a dieta. Niente di drastico, per carità, solo tre chili di troppo che cominciavano a invecchiarmi addosso.
Ho messo a punto la strategia come un allenatore di rugby: piano alimentare controllato e vario, qualche regola da rispettare, controlli giornalieri e… il campo da gioco.
Il progetto era strutturato sui -4 (ovvero quattro chili da perdere, visto che poi uno si tende a recuperarlo già durante la fase di mantenimento).
Primo obiettivo: raggiungere la linea di metà campo (cioè i -2 chili) in volata. Non è difficile, perché all’inizio si perde peso più facilmente.
Secondo obiettivo: portare la palla sulla riga dei 22 metri avversari (un altro chilo in meno). Questo è già più complesso, perché ormai l’organismo ha capito l’antifona e si sta adattando. A volte richiede lo stesso tempo della prima volata.
Terzo (ed ufficialmente ultimo) obiettivo: fare meta! E qui la metafora del rugby esprime tutta la sua aderenza. Soffrendo e strisciando sui gomiti si avanza metro dopo metro, perdendo qualche centimetro per poi recuperarlo il giorno dopo, maledicendo la decisione di aver cominciato ed esaltandosi per il paio d’etti perso in un colpo solo. E poi la meta! La palla schiacciata con esultanza liberatoria al di là di quella linea virtuale che separa il successo dal fallimento. La catarsi.
Esiste poi un obiettivo bonus: scendere sotto il peso stabilito in partenza. E’ il calcio piazzato in mezzo ai pali, la realizzazione di quel paio di punti in più che rende davvero piena la vittoria.

Come? Volete sapere come è andata? Diciamo che mi sto preparando a calciare, ma, anche se la palla andrà fuori, mi sentirò soddisfatta. Ho giocato una buona partita lunga sei settimane e mi sono divertita a mettere sulla carta il mio schema. Niente male, no?
Dimenticavo: la H del titolo è, ovviamente, la porta avversaria da cui non si deve mai distogliere lo sguardo durante la lunga avanzata attraverso il campo.

Dedicato alla nazionale azzurra, che quest’anno NON ha vinto il cucchiaio di legno!

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Leggerla suona anche meglio che sentirtela raccontare.
Lo so... ho creato un mostro (un'altra volta), però devo ammettere che questa volta sei riuscita ad applicare sul campo l'argomento.

Anonimo ha detto...

Secondo me è un metodo da brevettare!

Anonimo ha detto...

Fantastica, mi è venuta voglia di mettermi a dieta.
Conoscendomi, è più facile che inizi a giocare a rugby... ;-)

Profumissima ha detto...

Questo sì che è l'approccio giusto! Cercherò di visualizzare i fratelli Mirko e Marco Bergamasco al fianco della mia meta, per renderla ancora più allettante...

kalligalenos ha detto...

Che splendida visualizzazione...

kalligalenos ha detto...

...comunque mio marito si chiama Mauro, non Marco...

Profumissima ha detto...

Ammazza, sono talmente presa che mi dimentico pure come si chiama!!!
"Tu, splendido uomo nerboruto dal torace scolpito, vieni qui, qualunque sia il tuo nome! ....e porta anche tuo fratello!"

kalligalenos ha detto...

Non puoi scrivere cose del genere impunemente!!! Ti rendi conto che ho letto il tuo commento in ufficio e ho dovuto spiegare ai colleghi perché mi stavo strangolando nel tentativo di non scoppiare a ridere??? Teppista!

Profumissima ha detto...

Non ti strangolare!!! Non vorrai mica lasciare i fratelli Bergamasco soli con la sottoscritta?!

kalligalenos ha detto...

Jamais!!!
Soprattutto Mauro...